Dimmi come calci un rigore e ti dirò chi sei…
(Tutto Vardy in 26 secondi)
La partita è contro il Bournemouth in trasferta, il gol è il primo della serie record di 11 segnati consecutivamente. Vardy entra in area avversaria a tutta velocità, poi effettua una sterzata improvvisa che disorienta i difensori, uno dei quali entra in tackle e commette fallo. Calcio di rigore: Vardy guarda l’arbitro aspettando il fischio, prende la rincorsa e calcia di potenza, con il pallone che sfiora i guanti del portiere e si insacca. Poi l’esultanza un po’ arrogante con il dito sulle labbra a zittire i tifosi di casa e infine l’abbraccio della sua gente.
Penso che la straordinarietà di Vardy, tra le altre cose, derivi proprio dal fatto che si riesce a capire tanto (forse tutto) di lui dalla semplice realizzazione di un penalty. Semplice ma non banale. Perché in quella rincorsa frenetica, il quel tiro secco e rabbioso quasi a voler sfondare la porta, in quella celebrazione libera e sincera che segue, io vedo la rappresentazione più compiuta di un uomo su un campo di calcio, la concretizzazione di un riscatto sociale in 11 metri.
ASCESA
Jamie Richard Vardy da Sheffield è l’uomo del momento, in Inghilterra e non solo. Nelle ultime settimane è diventato il protagonista di una sovraesposizione mediatica quasi scomoda per un figlio della working class come lui. Uno che fino a pochi anni fa sgroppava su piccoli e sperduti campi della non-league e gonfiava le reti delle porte di periferia. La sua è una storia di conquista: Vardy è partito da zero per arrivare a prendersi tutto. Oggi è in Nazionale, a coronamento di un percorso di gloria costellato da sudore, tenacia e determinazione. La sua è una storia di trasformazione: la trasformazione di un ordinario operaio di fabbrica in una star del football. Vardy è la speranza vivente di una generazione che crede ancora nel potere del duro lavoro. L’eroe in carne, ossa e pantaloncini di chi non ha santi in paradiso.
C’è un aneddoto significativo a proposito della carriera di Vardy. A 16 anni viene scartato ai provini per giocare nello Sheffield Wednesday, la squadra per la quale batte il suo cuore adolescente. Motivazione: il ragazzo non è fisicamente all’altezza (in senso letterale, all’epoca era alto più o meno 140 cm). Lui allora comincia a lavorare in fabbrica per sbarcare il lunario. Di giorno operaio, di sera bomber in rappresentative locali semi-dilettantistiche. La passione per il calcio, d’altronde, non è stata spazzata via dalla delusione del fallimento. Ha solo cambiato contorni: il pallone, da possibile strumento di successo e guadagni, è diventato niente più che una valvola di sfogo nel dopolavoro, il simbolo di un divertimento autentico e genuino.
Ma fin qui nulla di veramente speciale. Quante ne conosciamo di persone che dividono le proprie giornate tra lavoro e calcio, tra turni faticosi e allenamenti serali nella squadra di paese? Vardy però ha trovato il modo di farsi notare nelle categorie inferiori e lo ha fatto come meglio si addice a uno della sua pasta. In modo diretto e asciutto, senza troppi fronzoli: ha segnato caterve di gol, semplicemente. Poi è cominciata la sua scalata verso il gotha del calcio inglese, passo dopo passo, metro dopo metro, con una progressione costante e pulita nella sua inesorabilità. A Sheffield gli hanno sbattuto una porta in faccia. Lui prima ha barcollato, dopo si è assestato e rinvigorito, ha preso una lunga rincorsa e quella porta chiusa l’ha buttata giù di forza.
DICONO DI LUI
I Kasabian stanno al Leicester come gli Oasis stavano al Manchester City. Dopo la vittoria all’esordio casalingo in campionato contro il Sunderland, Claudio Ranieri ha tirato in ballo proprio la nota band della scena indie-rock, dicendo sostanzialmente che la canzone Fire (uno dei maggiori successi dei Kasabian) aveva caricato la squadra nel pre-partita, facendo sentire i ragazzi dei guerrieri. Il chitarrista e leader del gruppo, Serge Pizzorno, si è detto entusiasta della cosa. Fire è un brano del 2009, anno in cui Vardy giocava nello Stocksbridge. E’ evidente che non c’è alcun nesso consapevole tra canzone e giocatore, eppure la prima sembra la colonna sonora dello stile di gioco del secondo. Perché Fire non è solo musica, Fire è anche il fuoco (appunto) che brucia dentro Vardy, la dichiarazione d’intenti di un giocatore elettrico e passionale, la cui fiamma sembra non volersi spegnere più.
Oggi Vardy è sulla bocca di tutti e non potrebbe essere altrimenti per l’attaccante più prolifico dell’intera Premier League. I tifosi del Leicester lo venerano, si riconoscono in lui e nel suo modo di giocare. Oltre ai gol segnati, ciò che apprezzano maggiormente è la sua grinta, la sua fame di vittoria, la sua umiltà in campo.
(England’s number 9 è il canto fiero dei sostenitori Foxes…)
Adesso che è sulla cresta dell’onda, i paragoni illustri con grandi calciatori del passato e del presente si sprecano. I media sguazzano in questo genere di cose e non sempre fanno del bene al giocatore interessato. Il nome di Vardy è stato già accostato, per diversi motivi, a mostri sacri come Batistuta, van Nistelrooy e Klose.
Ranieri: “Bati era un giocatore potente, Vardy è più uno che ti va a pressare e a dare fastidio. Ho sentito che Schweinsteiger l’ha paragonato a Klose e ha ragione: Vardy è importante per noi come Klose lo è stato per la Germania”.
Questo vortice di paragoni sembra quasi un gioco cui tutti vogliono partecipare, sparando il proprio nome. I gol segnati a ripetizione sono negli occhi di tutti e, come spesso accade con le cose belle, confondono le idee e fanno perdere il pieno contatto con la realtà a tifosi e commentatori. Ma proprio il tecnico trasteverino dei Foxes ha in parte centrato il punto, parlando di pressing e fastidio provocato agli avversari, portando nella discussione argomenti più terreni e credibili.
PROFILO TECNICO
“Vardy è più uno che ti va a pressare e a dare fastidio” dice appunto Ranieri. In un calcio sempre più intenso, diretto e verticale, Vardy è merce preziosa. L’attaccante del Leicester ha il dono che tanti altri colleghi vorrebbero avere: quello della concretezza. Il suo è un gioco di strappi e accelerazioni improvvise, di tagli in profondità e pressing asfissiante. E’ un giocatore di movimento più che di manovra, al pallone tra i piedi preferisce l’attacco dello spazio. Vardy è un moto perpetuo, una scarica di energia dannosa per i difensori.
La sua freddezza sotto porta è quasi brutale, la sua rapidità d’esecuzione così fulminea da togliere agli avversari il tempo necessario per organizzare le giuste contromisure. Calcia bene con entrambi i piedi e questo è un fondamentale di un valore ai limiti dell’essenzialità per un giocatore così istintivo. Inoltre, Vardy è dotato di una notevole intelligenza tattica che gli consente di ottimizzare la sua corsa in campo per non sprecare troppe risorse ed essere lucido in fase di finalizzazione dell’azione. Il suo movimento continuo sia orizzontale che verticale non dà punti di riferimento agli avversari.
Fisicamente, Vardy non ha la stazza per fare a sportellate con i marcatori più ruvidi, ma non è un tipo che toglie la gamba nei contrasti, anzi. Dal punto di vista tecnico, invece, nonostante una tecnica di base non sopraffina riesce a dialogare con una certa disinvoltura con i compagni. Il sistema di gioco del Leicester di Ranieri, incentrato sulle veloci transizioni offensive, esalta le sue caratteristiche. Nel complesso si può dire che si tratta di una punta imprevedibile, con varie soluzioni nel suo bagaglio. Non a caso in questa stagione ha già segnato in tutti i modi: di destro e di sinistro, di testa, di potenza e di precisione, di rapina e in contropiede.
TRA RECORD E FUTURO
La questione è: Vardy è un giocatore normale in un periodo di grazia durante il quale, a parte dividere le acque e moltiplicare pani e pesci, gli riesce tutto o il suo valore è realmente questo e sarà in grado di esprimersi a simili standard ancora a lungo? Ranieri e Hodgson intanto se lo godono, incrociano le dita e pregano affinché questo strepitoso stato di forma si prolunghi per tutta la stagione e oltre, magari attraversando la Manica per arrivare dritto in Francia.
Le voci di mercato sul suo conto, inevitabilmente, stanno già circolando e sarebbe effettivamente curioso vederlo all’opera in una big, in un contesto in cui non sarebbe lui l’attore protagonista. Intanto però lui continua a correre, a segnare e a inseguire record: se timbra il cartellino anche alla prossima eguaglierà l’irlandese Dunne, a segno per 12 partite consecutive nella stagione 1931/32 con la maglia dello Sheffield United. Ha l’entusiasmo incendiario dentro Jamie Richard Vardy, la forza dirompente di chi è consapevole che per ottenere il massimo si deve essere pronti a dare il massimo. Non provate a fermarlo, he’s on fire!
Nicola Cicchelli