17 Marzo 2016,ore 15.53

FOCUS CP: Arsène-al, storia di un binomio in fin di vita

Wenger Arsenal
Next stop, Arsenal“, inizió più o meno così il mio cammino verso l’Emirates Stadium, imponente e straripante nella sua grandezza che solo a guardarlo ti senti rimpicciolire, contornato dai volti di coloro che hanno fatto la storia del club. E se ti capita di visitarlo, la guida non farà altro che ripeterti come dalla sala da pranzo in tribuna alla disposizione dei lettini degli spogliatoi ci sia stato lo zampino di Arsene Wenger: sembra quasi che, in caso di esonero, l’Emirates debba essere ricostruito. Ingressi, vedute, bagni, ha scelto tutto il francese, come una coppia che per la prima volta va a convivere dopo anni di fidanzamento. Un rapporto che non dovrebbe aver bisogno di traslochi, poichè l’alsaziano siede sulla panchina dei Gunners da quando questi giocavano ancora ad Highbury e l’amore di società e tifosi è duraturo, nato appena Arsène arrivó nel 1996 a Londra direttamente dall’esperienza in Giappone, dove era finito nonostante l’ottima comparsa al Monaco. Quest’anno invece, dopo due decadi di onorato servizio, l’allenatore poliglotta potrebbe abbandonare il suo incarico nonostante l’appoggio della dirigenza e il contratto in scadenza l’anno prossimo: i tifosi infatti sono riconoscenti verso Wenger, più di un idolo da queste parti, consci peró che quest’ultimo abbia ormai fatto il suo corso nel nord della capitale britannica.
Lo striscione apparso sugli spalti dopo la vittoria per 4-0 contro l'Hull City
Lo striscione apparso sugli spalti dopo la vittoria per 4-0 contro l’Hull City
 
C’è una frase di questo personaggio che mi ha colpito e che analizza al meglio il suo momento: “La felicità te la dà solo il presente: il passato dà rimpianti, il futuro incertezze“. Giá, perchè se il passato di Arsene è pieno di rammarico, dalla Champions League lasciata a Parigi nel 2006 alle tante occasioni perse viste le pedine a sua disposizione, il presente sembrava essere, almeno fino a qualche mese fa, tutto rose e fiori: la corsa sul Leicester, squadretta, per carità, destinata, dicevano, a calare, ed un secondo posto che riportava la mente e le mani su quell’ossessione chiamata Premier League che manca dal 2004, quando Henry ne mise 30 ed i Gunners finirono imbattuti. La sorte, peró, ha voltato per l’ennesima volta le spalle al povero Arsenè, facendolo scivolare nuovamente nel limbo che lo aspetta a febbraio, quando puntualmente la sua Arsenal cala tenendosi i rimpianti e lasciando agli altri la gloria.
 
Nonostante i trofei portati ai Gunners, dei quali risulta il tecnico più vincente, possiamo dire che in relazione agli anni passati sulla loro panchina ed ai soldi spesi in relazione ai giocatori che sono passati sotto la sua gestione, questa risulti abbastanza scarna di successi: tre campionati inglesi, sei FA Cup ed altrettante Community Shield, senza nessun successo europeo nonostante le tre finali disputate, risultano poco rispetto all’esperienza ventennale che il Professeur ha avuto a disposizione.
Lo sguardo pensieroso di Arsene Wenger
Lo sguardo pensieroso di Arsene Wenger
 
La scorsa settimana, dopo la partita vinta 4-0 contro l’Hull City nel replay di coppa, uno striscione si è fatto notare tra gli spalti dell’Emirates: “Arsène, thanks for the memories, but it’s time to say goodbye“, recitava l’inequivocabile pezzo di stoffa, andando a suonare come una richiesta di congedo. Wenger e l’Arsenal sono ai minimi storici, come confermato dalle reazioni del web e del canale telematico dei tifosi che hanno puntato il dito contro il francese dopo l’eliminazione per 1-2 contro il Watford in FA Cup: Arsène deve andarsene.
 
I dirigenti dei Gunners tendono a confermarlo, visto anche l’anno di contratto a otto milioni di sterline, ma la questione non è rappresentata dai soldi: se la società non vuole privarsi, almeno nelle parole, del tecnico sempre più stretto nella morsa del suo classico cappotto, i risultati danno ragione ai fan che, riconoscenti, sperano nell’addio dei timoniere transalpino.
Da Henry a Fabregas, trattato come un figlio, da Walcott a Vieira, la lista dei talenti lanciati da Wenger è infinita, come la sua capacità nell’adocchiare giovani campioni. La rivalità con Mourinho, che lo definì un “ficcanaso”, sfociata in una rissa a bordo campo, e le cure pagate a Gascoigne, fino alla denuncia di aver giocato contro avversari dopati e alla famosa telefonata in cui Ibrahimovic gli rispose di non fare provini: un uomo che ama il calcio colorato con il bianco e con il rosso.
 
Un giorno disse che “gli eroi non nascono, si creano“: adesso Arsène, per rimanerlo, occorre sentire per l’ultima volta il brivido dell’Emirates.
GIACOMO BRUNETTI