26 Febbraio 2016,ore 14.29

Tottenham-Fiorentina: diario di un’esperienza in un universo parallelo

Londra

Prima che si insinui in chi sta leggendo il pensiero di essersi appena imbattuto in un altro dei tanti commenti a caldo/a freddo/a tiepido della partita di ieri sera, eccomi nel tentativo di distogliere nel modo più sincero possibile da tale pensiero. Proprio così, non parlerò delle due ore trascorse nel settore ospiti di White Hart Lane, “pigiato” e sofferente proprio come tutti i ragazzi che, vestiti del mio stesso colore, sono arrivati in centinaia in quel di Londra per amore di Firenze e della Fiorentina. No, non c’è bisogno di parlarne: d’altronde, quale vero tifoso non è mai partito per seguire la propria squadra del cuore in trasferta, seppur in una città distante migliaia di chilometri da casa? Beh, a dirla tutta si trattava personalmente della seconda esperienza, dopo la finale di Coppa Italia persa a Roma contro il Napoli di un paio di anni fa, ma si tratta di un dettaglio poco influente. Sono io che porto male? Può darsi, ci ho inevitabilmente pensato: spero di ottenere la controprova al più presto possibile.

 

Dogma invalicabile per seguire la propria squadra del cuore al di fuori delle mura dello stadio di casa è la necessità di un sacrificio, piccolo o grande che sia. Tecnicamente parliamo di denaro, ma siccome anche il tempo, come diceva un vecchio detto, vi è assimilabile, meglio attuare la politica del paghi uno prendi due e accomunare entrambe le facce della medaglia. Più in sintesi: partenza da Bologna ore 06:00 della mattina del giovedì, ritorno (volo sul quale mi trovo esattamente nel momento in cui scrivo) dallo Stansted Airport programmato per le 08:00 del venerdì. Una tocca e fuggi di circa un giorno e mezzo, ora più ora meno, nella quale le quasi 5 ore di sonno sono rispettivamente così suddivise: 2 nella notte tra mercoledì e giovedì, 3 in quella tra giovedì e venerdì.

 

La mattina è ben spesa in veste di turista: qualche chilometro sulle gambe in giro per Londra ha l’arduo compito di distogliere dall’assopimento. Appena fuori dalla stazione (si, dalla stazione: lo Stansted Airport garantisce un treno, addirittura in orario, per il tragitto dallo stesso aereoporto al centro città) a lasciarmi a bocca aperta sono i ciclisti che sfrecciano per Liverpool Street: neanche la migliore immaginazione sarebbe stata in grado di scorgerne uno non bardato di giubbotto catarifrangente e casco. E pazienza se da noi si fa fatica, talvolta, ad indossare il casco anche in motorino. Qualche passo verso il London Bridge, ed ecco un’altra inverosimile “assurdità”: la città pullula di cantieri a norma, tutto è sistemato a puntino, e per le strade ci sono quasi più operai che non. A tal proposito è incredibile, davvero, come siano le cose più semplici a stupire quando non le hai sotto il naso tutti i giorni. Breve tour (casuale, colpo di fortuna oserei dire) al cambio della guardia, dopodiché l’ago della bussola chiamata cuore indirizza me e il mio compagno di viaggio verso West Ham. Lo store ufficiale del club è aperto nonostante siano le due del pomeriggio, e dopo un paio di panoramiche scattate alla folkloristica arena degli Hammers approfittiamo per svuotare la prima parte di portafoglio (possiamo permettercelo: fino a pochi minuti prima il budget era rimasto pressoché invariato data la scelta di andare “sul sicuro” in quanto a fattore alimentare con Subway e Mc’Donalds).

 

Cantiere Londra

 

L’aneddoto forse più curioso e che più a lungo rimarrà impresso nella mia mente si verifica durante la strada verso l’ostello, di ritorno da West Ham, e non mi riguarda in prima persona. Il mio compagno di viaggio prende la bizzarra decisione di acquistare “one banana, only one” da un fruttivendolo pakistano, che di banane ne vendeva a cesti di dieci, dodici. Al momento di pagare, l’ometto si offre ripetutamente di regalare la banana al mio compagno, ed è talmente insistente che siamo costretti ad allontanarci con la coda tra le gambe, convinti di aver fatto palesemente la figura degli accattoni. Solo più tardi, scherzandoci su, ci rendiamo conto di essere semplicemente in un posto differente rispetto a quello in cui siamo solitamente abituati a trascorrere la giornata. Terminato il ceck-in nel rumoroso ma economico ostello che ci accoglierà per una manciata di ore tra il fischio finale della partita e il volo della mattina seguente, ci dirigiamo verso White Hart Lane, camminando, viaggiando in metro e addirittura cenando in mezzo ai tifosi inglesi, a dimostrazione della naturalezza di un clima del quale avevo soltanto sentito narrare la leggenda.

 

West Ham stadio

 

L’organizzazione e la sicurezza nei pressi dello stadio sono elementi che se citati risulterebbero superflui, noiosi probabilmente, pertanto passerò oltre. La capatina allo Store degli Spurs è d’obbligo, e anche in questo caso una manciata di sterline fluttua dal portafoglio alla cassa. Per un attimo mi invade la sensazione del traditore: sono in casa del nemico e ho addosso la sua maglietta -penso-, e sto per comprarla. Tuttavia, come accaduto più volte nel resto della giornata, mi ricordo improvvisamente di essere in UK, e spontaneamente mi tocco la fronte in segno di “già, che sbadato!”. Successivamente, una volta commissionata la stampa, ritiro il completo di Kane e lo nascondo bene nel sottofondo dello zaino per poi dirigermi verso il gate per accedere al settore ospiti. Premessa la celebre professionalità degli Steward, le quali braccia equivalgono mediamente al doppio delle mie, anche le perquisizioni sono di una scrupolosità spaventosa. L’apice della differenza con i gate degli stadi italiani è proprio il gate nella sua fisicità: la parete al quale è collegato il tornello non è più larga di mezzo metro, e posso dire di aver visto con i miei occhi tifose un po’ in carne rimanervi incastrate. Scena imbarazzante, ma d’altronde è tutta White Hart Lane a guardarci dall’alto verso il basso, eccezion fatta per l’ammirevole acustica del settore ospiti nei primi venti minuti. Dopo il gol del vantaggio firmato Mason, ma in particolar modo nel secondo tempo, si svegliano anche gli Spurs, che danno il via a cori difficilmente comprensibili per un orecchio non molto “british” ma che hanno, va ammesso, il loro fascino. Ciò che mi ha lasciato a bocca aperta è stata, in ogni caso, l’indifferenza degli inglesi alle provocazioni (numerose) di un bel gruppetto di ultras posizionati nella parte del settore ospiti più vicina al campo, che riuscivano ad affacciarsi e a lanciare lo sguardo (e non solo) verso l’alto ai supporters del Tottenham.

 

Kane maglia

Magra figura, come se non bastasse quella rimediata sul campo. Fuori dallo stadio regna, e ne rimango stupito, l’indifferenza. Non un coro, non un grido festoso. Solo centinaia di tifosi inglesi rigorosamente in fila in attesa del treno (anche questo in orario), i quali avevano probabilmente data per scontata la vittoria già da giorni. Che dire, tanto meglio: il ritorno verso l’ostello risulterà meno fastidioso del previsto. Basti pensare che non ho neppure dovuto fare a meno di sciarpa e cappello, entrambi gigliati.

 

Accesso ostello Simo

 

Ostello Simo

 

Mancano pochi minuti all’atterraggio, entro le 14 dovrei essere sotto le coperte a recuperare qualche ora di sonno. Il rammarico legato al risultato è minimo, devo ammettere che non avrei mai pensato di poterlo dire, ma è così: stavolta la trasferta va oltre la singola partita, e di parecchio. È una trasferta vissuta in tutto e per tutto, è una trasferta che mi ha insegnato. È una trasferta che mi ha impegnato, anche, nel fare ciò che mi piace: mi sono procurato numerosi quotidiani gratuiti in giro per la città, ho scattato fotografie a due passi dal terreno di gioco, contribuendo come inviato anche quando inviato non ero. È stata una trasferta che mi ha tolto sonno e forze, e probabilmente domani dovrò combattere contro la voglia di appoggiare la testa sul banco ed addormentarmi, è vero. Ma è anche, e soprattutto, una trasferta che mi ha regalato emozioni mai provate, ed un’esperienza che non vedo l’ora di riprovare.

Grazie amata eliminata Fiorentina, grazie perché senza di Te non avrei mai vissuto ciò che ho avuto la fortuna di vivere in queste 35 ore.

 

Aereo Simo

 

SIMONE TORRICINI