Per ogni Monday Night che si nasconde c’è sempre un Friday Night che salta fuori all’improvviso. Un po’ come quando, nel cimentarsi con il celebre Martella la Talpa, ci si trova spesso e volentieri frustrati dall’impossibilità di colpire tutti i bersagli. Se non è esattamente questa la visione in merito del pubblico british, beh, poco ci manca.
L’antipasto della settima giornata di Premier League va in scena proprio venerdì sera a Goodison Park, tra due delle outsider più quotate di questo inizio di stagione: da una parte l’Everton, a cinque punti dal primo posto e mai sconfitto in campionato, dall’altra il Crystal Palace, reduce dalle tre vittorie consecutive ottenute in ordine cronologico contro Middlesbrough, Stoke e Sunderland. Tra un Bolasie che spaventa gli ex compagni (e soprattutto gli ex tifosi) ed un Benteke che non fallisce un colpo di testa dal giorno in cui ha deciso che il gioco del calcio sarebbe stata la sua professione, l’1-1 finale è un onesto specchio delle prestazioni delle due squadre. Che, a meno di clamorosi colpi di scena, lotteranno per un posto in Europa League.
Obiettivo che, per dirne un paio, starebbe stretto sia al Chelsea che al Liverpool. I Blues di Conte, che non facevano risultato da oltre un mese, si impongono sul campo dell’Hull City con una prestazione convincente (ma non troppo) il cui grado di approvazione da parte della tifoseria viene incrementato a livelli vertiginosi tra il 61′ e il 67′ (Willian prima, Diego Costa poi). Il tutto, ci preme ricordarlo, lasciando Fàbregas in panchina ancora una volta. I Reds di Klopp soffrono forse più dei londinesi, ma lo fanno secondo la logica delle idee del loro manager. Nel frattempo quella con lo Swansea è la quarta vittoria consecutiva in Premier League, e i tre punti conquistati sono rispettivamente il 14esimo, 15esimo e 16esimo dei totali. Appena due in meno del Manchester City. Il 4-3-3 funziona: Klopp pare aver trovato finalmente l’equilibrio del SUO Liverpool.
Sempre durante il sabato pomeriggio il Sunderland divide a metà la frittata con un West Bromwich senza infamia e senza lode (1-1, Van Aanholt risponde al solito Chadli), mentre il Bornemouth di Eddie Howe inciampa per ben due volte sulle protuberanze dell’impervio Watford. Mazzarri docet, Deeney et Success discent. Chi invece sembra aver poca voglia di imparare è il West Ham, e più nello specifico Slaven Bilic, che per ripicca nei confronti di Zaza schiera addirittura Antonio (che se è vero che è il miglior marcatore della squadra è altrettanto vero che è tutto meno che un attaccante) come punta centrale. Il risultato? L’ennesima non-vittoria ed un diciassettesimo posto che difficilmente potrebbe essere più doloroso per un club che ha investito fior fiore di milioni sul mercato.
Un altro che da questo punto di vista non deve passarsela poi tanto bene è José Mourinho: l’1-1 dell’Old Trafford contro uno Stoke che aveva conquistato i precedenti due punti contro Middlesbrough e West Brom è l’ennesima botta all’ambiente United, sempre più incline ad una depressione pericolosamente cronica. Neppure il Leicester va oltre il pari al King Power contro il Southampton, e rimane a -1 dagli avversari di giornata. Le Foxes a metà classifica sono indubbiamente meno accattivanti rispetto alle Foxes al primo posto, ma va riconosciuta a Ranieri l’onestà della prevenzione (aveva avvertito tutti) e non possiamo che rassegnarci. Non ci sarà nessun secondo miracolo.
A chiudere il cerchio della settima giornata sono Burnley-Arsenal e Tottenham-Manchester City. I Gunners, sempre vincenti dal 27 agosto in poi, si sbarazzano al fotofinish dei fastidiosi Clarets di Dyche grazie al provvidenziale Koscielny, mentre gli Spurs si stra-guadagnano la medaglia all’onore e mantengono invariato il 3 alla casella dei gol subiti contro la squadra più prolifica dell’intera Premier League. È un 2-0 psicologicamente determinante, che riunisce le prime quattro in altrettanti punti e conferma una volta per tutte che lo spettacolo (e che spettacolo!), Inghilterra, è appena iniziato.
Una settimana fa ci servivamo di queste parole per descrivere il cammino dei Citizens: “Ogni tassello è al posto giusto, ogni dettaglio è curato alla perfezione. Questo City andrà lontano semplicemente perché non potrebbe essere altrimenti”. Oggi, pur senza fare alcun passo indietro, ammettiamo con il sorriso sulle labbra che Pep Guardiola non è immortale. No, neanche in Premier League.
SIMONE TORRICINI – @TorriciniSimone