16 Marzo 2016,ore 12.17

FOCUS CP: LVG: quando il finale non rende giustizia

Louis van Gaal

Indicativamente la totalità dei commensali ha già addentato i due terzi della seconda portata, e alla frutta manca veramente poco. È questione di una manciata di minuti, ci siamo.

Rifletto sull’attuale situazione di Louis Van Gaal, e ritengo l’esempio gastronomico chiarificatore come pochi altri. Effettivamente non dev’essere una gran bella sensazione. Lavorare tutte le settimane per un club dal quale sei stato verosimilmente già scaricato da mesi, perdere il controllo di un gruppo che tu stesso hai forgiato con pazienza e, perché no, audacia. No, ripensandoci non dev’essere assolutamente una sensazione piacevole.

Se il buon Louis la stia vivendo con filosofia, consapevole di non dover dimostrare niente a nessuno perché “Il mio Palmarès è là appeso, dateci un’occhiata”, oppure non riesca a capacitarsi di come abbia potuto fallire così miseramente, e sbatta ogni giorno la testa contro il muro per trovare la chiave di volta, beh, non ci è dato saperlo.

In realtà, oltre a ciò che possiamo osservare con oggettività durante le gare dei Red Devils, ci è dato sapere ben poco. Che il futuro di Louis abbia ormai poco a che fare con l’Old Trafford è risaputo, e perché nessuno partisse svantaggiato mi sono permesso di ripeterlo mentre mi accingevo a buttare giù le prime parole. Alla frutta, al capolinea, al termine, insomma: che ognuno dica un po’ come preferisce, ciò che importa è il succo. E il succo del discorso vuol far intendere che il 16 maggio, all’indomani della 38esima nonché ultima giornata di Premier League, Louis Van Gaal smonterà baracca e burattini e, con tutta probabilità, porrà la parola fine in fondo ad una carriera tanto intensa quanto longeva. Anzi, a pensarci bene i burattini li lascerà proprio dove sono adesso, starà poi a qualcun altro farli recitare bene e, soprattutto, con continuità. Ma meglio non divagare.

Se chi sta impiegando del tempo prezioso per leggere queste poche righe è minimamente a conoscenza dei fatti di cui parlo, sarà senz’altro in grado di schierarsi tra le fila di una delle due fazioni maggiormente in voga: o tra coloro che etichettano gli anni gestiti dall’olandese come “fallimentari: il rapporto tra investimenti e risultati è indecente”, oppure tra chi, buono di spirito, giustifica l’operato di Van Gaal perché “Le sue idee sono rivoluzionarie: è la squadra che non riesce a seguirlo e, inoltre, ha l’esercito degli ex senatori schierato contro da mesi”. Sono dell’idea che, come sempre accade, la verità assoluta sarà celata intorno alla metà delle due fazioni, nei pressi del punto d’incontro. Consisterà, insomma, nella cosiddetta via di mezzo.

Dunque, alla ricerca di qualche prezioso indizio utile a tracciare le coordinate della “via di mezzo”, proviamo a ripercorrere passo dopo passo i due anni di Van Gaal a Manchester. Probabilmente sarà il partito degli accaniti a riscuotere maggiore successo poiché, come ripetuto più volte anche dagli ex senatori (esatto, proprio quelli dell’esercito) “Questo United è diastroso”, e quando una squadra viene definita tale, il dito è sempre ed inequivocabilmente puntato verso l’allenatore, ma vi prego di aspettare ancora un po’ prima di prendere la posizione definitiva: le somme, come si suol dire, saranno tirate alla fine dei giochi.

Il calendario registra la seguente data: 19 maggio 2014. Van Gaal è il Ct della nazionale olandese, e si appresta a volare in Brasile per disputare i campionati del mondo. In quello stesso giorno, nel tardo pomeriggio, firma un contratto triennale con il Man Utd. All’Old Trafford, di quei tempi, non tira un buon vento: il club ha appena chiuso il campionato al settimo posto, e né Moyes prima né Giggs poi si sono rivelati adatti (per motivi differenti) a tenerne sufficientemente salde le redini. Van Gaal ha 63 anni, e successivamente alla firma dichiara come si sia appena accordato con l’ultimo club della propria carriera.

Insomma, nessuno scoop esagerato fino ad ora, anzi, la situazione appare piuttosto chiara: una società storicamente vincente, attualmente in difficoltà, si affida ad un tecnico datato ma di caratura internazionale per riavviare il progetto naufragato l’anno precedente. Nel frattempo, l’Olanda da lui stesso guidata termina il mondiale sul soddisfacente terzo gradino del podio. Louis può dunque concentrarsi sulla nuova avventura, e, soprattutto, cominciare a strofinare la lampada per vedere esauditi i primi desideri. Più concretamente: la lampada è allegoria per il portafoglio della famiglia Glazer, e i desideri si chiamano rispettivamente Angèl Di Marìa (75M), Luke Shaw (37M), Ander Herrera (36M), Marcos Rojo (20M) e Daley Blind (17M).

Una volta soddisfatta per intero la lista della spesa dell’olandese, e seguite per filo e per segno le sue richieste, il club si sfrega le mani aspettandosi la più classica delle “stagioni col botto”. Un’ annata che avrebbe rivisto, dopo un anno di futile transizione, il Man Utd protagonista. Invece, tra la delusione totale, i Red Devils devono accontentarsi di un misero ed anonimo quarto posto, sufficiente appena per disputare i preliminari di Champions League.

In estate Louis è ancora saldamente incollato alla panchina dell’Old Trafford, ma non siamo esageratamente distanti dai primi segnali di vacillamento. Ceduto al PSG quel Di Marìa pagato fior fiore di sterline appena dodici mesi prima, il club acconsente ad un’altra campagna acquisti straripante: viene concesso a Van Gaal il diritto di strofinare la lampada per altre cinque volte, ergo ottenendo altrettanti desideri. In ordine crescente, Bastian Schweinsteiger (9M), Matteo Darmian (18M), Memphis Depay (27M) Morgan Schneiderlin (35M), Anthony Martial (50M). Nel frattempo salutavano Manchester giocatori del calibro di Van Persie (diretto verso la Turchia), Falcao (ancora una volta in prestito, stavolta a Stamofrd Bridge) e Hernandèz (ceduto al B.Leverkusen).

Di fatto, la politica del rinnovamento è decisamente evidente: pensare che Louis voglia accaparrarsi l’esclusiva in quanto ai meriti della crescita dei tanti giovani di cui dispone sarebbe esageratamente malizioso. A me piace pensare, invece, che tra le sue idee ci fosse quella di dare il via ad un ciclo nuovo, forgiando un gruppo giovane per condurlo al trionfo nel giro di un paio di anni. Nel caso, idea ammirevole, Louis. Ma nel posto sbagliato.

Infatti, esattamente come accaduto l’anno precedente, il Man Utd si trova a combattere per il quarto posto, che, anzi, appare addirittura più lontano rispetto a dodici mesi orsono. Fa male dirlo, farà probabilmente ancor più male a lui stesso sentirselo dire: hai fallito, Louis. Hai fallito in buona, buonissima fede. Hai fallito lanciando diciottenni su diciottenni, dando fiducia e spesso venendo tradito, rimanendo a bocca spalancata e con le mani legate. Hai fallito valorizzando tutto ciò che potevi valorizzare, lasciando comunque un discreto patrimonio nelle mani di chi siederà sulla panchina di Old Trafford prendendo il tuo posto. Hai fallito con classe, Louis, senz’altro non come l’ultimo arrivato. Ma hai fallito. E allo United, come ti avranno ripetuto più volte, non c’è posto per chi fallisce.

Che sia dunque questa la via di mezzo? Può darsi, non ne ho la certezza. Sono sicuro, però, che una tale carriera avrebbe meritato tutt’altro finale. Un po’come quei film che, dopo aver appassionato per ore, terminano tutto ad un tratto, bruscamente. Che lasciano l’amaro in bocca perché “Poteva finire meglio”. Che rendono tristi perché “Non è giusto, non se lo meritava”, perché “Ha sbagliato, ma è stato anche sfortunato”. Sì, Louis, la tua carriera è finita un po’ così. Un po’ come quei film.

Giusto, quasi dimenticavo. In bocca al lupo, Louis.

 

Simone Torricini