In attesa dello scontro diretto di mercoledì sera, CalcioPremier ha giocato in anticipo Liverpool-Arsenal mettendo a confronto i timonieri delle due squadre: Jurgen Klopp da una parte, Arsène Wenger dall’altra. I 12 punti che li separano attualmente in classifica non rendono bene l’idea comune alla base della loro filosofia: arrivare ai 3 punti divertendo. Lo stile di gioco di entrambi è votato all’attacco, ma i mezzi messi in campo per mantenere fede a questo principio sono diversi.
Il presente dice Wenger: il suo Arsenal guida in solitaria la classifica della Premier con 42 punti e una differenza reti di +16 a testimoniare un equilibrio tra reparti che non si vedeva da tempo dalle zone dell’Emirates; dall’altra parte, Klopp sta provando a costruire il suo Liverpool tra i cocci lasciati in eredità dalla contraddittoria gestione Rodgers. I 30 punti raccolti finora, con una differenza reti negativa di -2 (il peggior dato delle prime dieci in classifica), certificano un andamento troppo altalenante e di sicuro non adeguato alle aspettative, alla tradizione del club e allo stesso valore del tecnico tedesco.
Liverpool e Arsenal sono due squadre storiche del calcio inglese, con un passato glorioso fatto di vittorie e trofei, un presente vissuto da protagoniste e un futuro potenzialmente radioso ancora tutto da scrivere. Ciò che manca maledettamente ad entrambi i club è lo scettro di regina d’Inghilterra: i Gunners non vincono il campionato dal 2004, i Reds addirittura dal lontano 1990. Quella corrente è una stagione importante per le due compagini, sotto certi aspetti se vogliamo decisiva. L’Arsenal si sta giocando le carte della vittoria finale al tavolo delle grandi e, per il momento, svolge con autorità il ruolo di mazziere; il Liverpool, partito con rinnovate ambizioni e largo ottimismo, sta faticando più del previsto, ma con il nuovo allenatore ha messo le basi per un nuovo solido edificio. I tifosi delle due squadre, intanto, stanno coprendo con la mano il finale dell’avvincente libro che hanno sotto gli occhi, per mettere un freno alla curiosità e all’impazienza. I capitoli restanti, a partire dal big match che verrà, ci riveleranno i segreti e il valore degli autori di questo libro, vogliosi di lasciare un segno indelebile che vada oltre la loro riconoscibile firma sulla copertina.
KLOPP
Jurgen Klopp da Stoccarda è, a suo modo, un rivoluzionario. Sul campo e fuori dal campo. A livello di immagine, un personaggio atipico: ha impacchettato lo stereotipo del tedesco tutto d’un pezzo e, ridendo fragorosamente, lo ha scagliato contro un muro mandandolo in frantumi.
Il suo nome e la sua fama di allenatore hanno conosciuto gloria nei 7 anni trascorsi sulla panchina del Borussia Dortmund, dopo aver smesso i panni da calciatore e cominciato col Mainz la carriera di allenatore all’età di 34 anni. Nella Ruhr giallonera un lungo periodo vissuto a tutta velocità, un percorso fantastico coronato da 2 Bundesliga consecutive e una Champions League sfiorata, ed esaurito per mancanza di stimoli ed energie nel 2015. Poi l’arrivo in Inghilterra, a Liverpool sponda rossa, per prendere in mano le redini strappate via dalle mani di Brendan Rodgers. Un giovane allenatore straniero che arriva in Premier League e si attacca saldamente a una prestigiosa panchina per intraprendere un lungo viaggio e dare vita a un grande progetto: è un po’ quello che è successo proprio con Wenger, è quello che si augurano Klopp e tutti i tifosi del Liverpool, desiderosi di identificarsi con il tedesco e di assistere alla conquista di qualche trofeo che vada a impreziosire una bacheca che da troppo tempo non riceve una bella spolverata.
L’impronta tattica di Klopp è chiara e inconfondibile. La sua squadra è davvero “sua” soltanto quando ha assimilato certi precisi principi di gioco: massima intensità, ricerca aggressiva degli spazi e l’ormai celebre gegenpressing, ossia l’arte di recuperare il pallone subito dopo averlo perso. Tutto questo, ça va sans dire, richiede un pesante dispendio di energie psico-fisiche e una preparazione mirata e impeccabile. La coda negativa di questo modo di interpretare le partite è nell’aumentata probabilità di infortuni muscolari, una piaga che sta colpendo impietosamente il Liverpool in questo periodo. Ma al netto dei problemi di natura fisica, il risultato cui Klopp aspira è un calcio veloce, intenso e imprevedibile, che faccia soccombere gli avversari per sfinimento. Il tedesco è il profilo ideale per costruire una squadra dal nulla, soprattutto se ha a disposizione giocatori giovani determinati e pronti a correre e sacrificarsi.
Un punto di riferimento fondamentale per Jurgen Klopp è stato Arrigo Sacchi. I due condividono la stessa maniacale passione per la tattica e la convinzione che tramite essa si possa arrivare a battere chiunque. Un aneddoto risalente ai tempi del Mainz ci rivela molto del carattere e dell’impostazione del biondo e affascinante allenatore: a un certo punto della stagione, con la motivazione di cementare il gruppo e conoscersi meglio, decise di portare la squadra in ritiro su un lago svedese e per cinque lunghi e freddi giorni privò tutti di cibo ed energia elettrica. Una sorta di prova di sopravvivenza stile Marines. Normale per un allenatore condottiero che vuole forgiare calciatori pronti ad andare in battaglia per lui. Klopp non è tanto un tecnico per l’immediato, ma più uno per il lungo periodo che ha bisogno di tempo per lasciare traccia. In avanti, sempre, a fare pressing anche sul futuro.
Klopp in 3 aggettivi: rivoluzionario, carismatico e passionale
WENGER
Se il tempo è il miglior alleato di Klopp, proprio contro questo Wenger si trova invece a dover lottare. Gli anni passano per tutti e passano anche per questo elegante signore, arrivato a Londra dall’Alsazia nel 1996, le cui due lauree – ingegneria ed economia – danno un ulteriore tocco di classe a un uomo interessante culturalmente oltre che calcisticamente.
Arsène Wenger è un nome indissolubilmente legato e curiosamente simile nella sua radice a quello dell’Arsenal, squadra che guida tra splendidi alti e qualche basso da venti anni. Una vera e propria era, seconda in Inghilterra solo a quella di Ferguson, segnata indelebilmente da trofei – 3 campionati e 6 FA Cup – e traguardi storici: come l’Arsenal degli invincibili stagione 2003/2004, una sua meravigliosa creatura o come il riconoscimento individuale di allenatore del decennio conquistato nel 2010. Ma intorno alla sua figura aleggia sempre lo stesso sottile sospetto: è un grande allenatore che ha vinto relativamente poco o è un manager nel complesso sopravvalutato e idealizzato? Nel dubbio, quest’anno sta mostrando una continuità e una concretezza cui non sempre ci ha abituati, una dimensione che porta con sé altri interrogativi. È un nuovo Wenger o solo l’ultima e definitiva versione di un allenatore che l’anno prossimo va in scadenza di contratto e potrebbe anche decidere di lavorare altrove?
Dal punto di vista tecnico-tattico, l’alsaziano non ha ormai molti segreti da rivelare. Il suo è uno stile raffinato sia in campo che nella vita di tutti i giorni, la sua proposta è quella di un calcio offensivo fatto di scambi rapidi e puliti nei pressi dell’area di rigore, possesso palla ricercato con costanza ed organizzazione e gioco corale e armonico. In generale, Wenger ha cercato sempre di far giocare bene la sua squadra, a costo di concedere qualcosa dietro e di sacrificare, a volte, qualche punto (e titolo) di troppo sull’altare dello spettacolo. Come e forse più del suo omologo tedesco, sa lavorare bene con i giovani (tra le sue creature più datate George Weah ai tempi del Monaco) e lungo tutto l’arco della carriera non gli è mai mancato il coraggio, sia nelle scelte prettamente tecniche che in quelle manageriali. Wenger non si è mai fatto influenzare da stampa e tifosi ed ha sempre retto egregiamente le pressioni: ha comprato chi ha ritenuto necessario per il suo credo calcistico quando lo ha ritenuto necessario.
Adesso il francese vuole passare all’incasso. Perché dopo tanti anni nel calcio ha ormai capito che, pur essendo lo stile importante, alzare al cielo un trofeo è sempre qualcosa di unico. E lui sa come si fa.
Wenger in 3 aggettivi: raffinato, paziente e intelligente
AND THE WINNER IS…
Il duello tra questi allenatori ha il fascino delle grandi sfide, di quei confronti che non possono risolversi esclusivamente servendosi di statistiche e risultati. Aldilà dei successi ottenuti finora in carriera, le considerazioni da fare sono molteplici e riguardano tutto un mondo che c’è dietro il ruolo di manager, che non può prescindere nemmeno da un discorso di prospettive future.
Se io fossi il proprietario di una squadra, oggi come oggi affiderei la guida tecnica a Jurgen Klopp. Detto delle similitudini che intercorrono tra i due, la mia bilancia pende leggermente a favore del tedesco per un semplice motivo. Reputo la sua idea di calcio più moderna e complessivamente più adatta agli attuali standard europei. Troppo vivido ancora il ricordo del suo intenso e martellante Borussia Dortmund per non pensare che l’esperimento possa funzionare anche a Liverpool, soprattutto considerando il fatto che Klopp ha già avuto modo di dimostrare una capacità di adattamento non indifferente e una propensione evolutiva – del suo carattere e delle sue idee – che lascia ben sperare per il futuro. In questo senso, Wenger appare un tecnico più conservativo e meno incline ai grandi cambiamenti. Non sono poi così sicuro che l’alsaziano possa rendere allo stesso modo anche in un contesto diverso da quello ormai famigliare dell’Arsenal.
Ma oltre tutto, resta solo il campo a fare da giudice spietato e imparziale. Ambizioni di classifica, bel gioco, ottimi giocatori: le premesse per un grande spettacolo tra Liverpool e Arsenal ci sono tutte. L’Anfield Road è già carico per ospitare questo match e regalare il solito scenario mozzafiato, carico di elettricità positiva e atmosfera magica. E tu, da che parte stai?
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Nicola Cicchelli